FIORI SOPRA L’INFERNO (Ilaria Tuti)

 

FIORI SOPRA L’INFERNO

(Ilaria Tuti)

⭐⭐⭐⭐



Il commissario Teresa Battaglia, sta indagando su un susseguirsi di crimini a Travenì in cui, anche se in modo indiretto, sono coinvolti i bambini Lucia, Mathias e Diego. Questi bambini hanno un legame con le ‘vittime’ ma per il Commissario Battaglia e il suo assistente Massimo Marini, poter snodare la matassa che ruota intorno questo mistero risulta arduo e intrigato.

Infatti, dovranno scontrarsi con una ‘valle che nasconde segreti’ e per il bene comune non sembra disposta a collaborare.

Inoltre, cosa si cela dietro la verità?

Continuare a riassumere questo romanzo significherebbe svelare altri particolari che inevitabilmente mi porterebbero a spoilerarvi dettagli che forse gradireste scoprire leggendolo.

È’ il secondo libro che leggo di Ilaria Tuti che ho scoperto in realtà essere il suo primo romanzo d’esordio.

Nonostante sia un thriller dalla dinamica articolata, la scrittura scorrevole e l’utilizzo di capitoli brevi ne permette una lettura costante, invogliando il lettore ad andare avanti al fine di trovare tutte le risposte necessarie alla risoluzione del caso.

Condivido quelle che sono state le mie impressioni e mi piacerebbe che chi lo avesse letto potesse confrontarsi con me perché questo romanzo secondo me va oltre la vicenda narrata ma ci aiuta a indagare la psiche umana a 360 °.

Ad esempio, il Commissario Teresa Battaglia, per quanto abbia un carattere forte, distante e ‘scontroso’, con il quale ha forgiato una corazza, è comunque:

  • sia umana in quanto manifesta paura, dubbio e insicurezza
  • sia donna in quanto sa cosa significhi soffrire traumi fisici e psicologici sulla propria pelle

Inoltre, pensando ad Andreas Hoffman non posso fare a meno di chiedermi: come lo avrebbero giudicato i miei occhi? Probabilmente, senza l’esperienza di T. Battaglia mi sarei lasciata ingannare dalle apparenze e non avrei considerato le ‘attenuanti’.

Inoltre, vi confesso che il titolo è stato per me un mistero sin dall’ inizio tanto che nel mentre leggevo il romanzo cercavo una motivazione sul perché s’intitolasse FIORI SOPRA L’INFERNO. Non mi è sfuggito il fatto che spesso si citasse la parola inferno usata in vari contesti:

  • Riferito alla città e alle sue usanze: ‘Inferno rurale’
  • Riferito alla psiche umana: ‘Inferno personale’
  • Riferito al luogo specifico in cui trovare una persona: ‘Inferno di roccia’

Eppure, mi è rimasta impressa l’osservazione fatta proprio dal Commissario Teresa battaglia, quando in visita ad Andreas, (presa visione di una situazione che non voglio spoilerarvi di proposito) pensa: “ecco il suo fiore […] Il più bello tra quelli che gli impedivano di vedere l’inferno.”

Ho letto e riletto questa frase più volte e l’ho percepita veramente ricca di speranza. Ciascuno, volente o nolente, vive un proprio ‘inferno’ (riferendoci a qualunque tipo di ostacolo e/o problema noi possiamo incontrare) ma, nonostante questo, non esiste una condanna eterna perché se lo vogliamo, possiamo salvarci.

Mi ha fatto riflettere come l’infanzia rappresentata da Lucia, Mathias e Diego, sia metafora di un momento fondamentale dell’Essere Umano: l’essere bambini, infatti, rappresenta l’innocenza e la purezza con cui inizia la vita umana e dovrebbe mantenersi tale anche nel momento in cui si cresce e si matura. Ma quando tale equilibrio viene minato (come nel caso dei nostri Piccoli Eroi e non li definisco tali a caso ma perché sono veramente così in quanto fanno il possibile per proteggersi l’uno con l’altro), la possibilità di salvezza sta proprio nell’accettare quel tormento ‘infernale’ che vive radicato sul loro corpo e sulla loro mente e al momento opportuno, grazie al giusto aiuto, affrontarlo ma con coraggio perché quando la fiducia è già stata tradita, sperare di nuovo è complicato. 

Questo puntualizza anche, come tutti, in una società, siamo responsabili: quando captiamo qualcosa che non va o ci lascia perplessi che non impatta noi personalmente ma un nostro familiare o amico, girarsi dall’altra parte non può essere un’opzione. Dimentichiamo il detto ‘occhio non vede e cuore non duole’ perché la nostra indifferenza potrebbe costare cara alla vita altrui. Inoltre, se capitasse a noi, come vorremmo gli altri agissero nei nostri confronti?

Ilaria Tuti, col suo romanzo, non ci ha semplicemente narrato un thriller ma ha fatto molto di più: ha elogiato la vita. Quella vita che:

  •  rimette in discussione le nostre sicurezze
  • richiede che si affrontino le nostre incertezze e si prenda consapevolezza dei nostri limiti
  •  ma si agisca anche al fine di spegnere le fiamme che ci avvolgono per poter risalire da quell’oscurità che sembra averci quasi consumati.

Consiglio questa lettura non solo a chi ama i thriller ma anche a chi:

  • è interessato a indagare la psiche umana
  • a chi sta affrontando un proprio inferno personale perché possa trovare la forza e la speranza per risalire 
  • a tutti coloro che nel bisogno non si sono voltati indietro

“[…] MA come diavolo si chiama? Scrollò le spalle, mise in loto e partì.”



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Commenti

  1. In relazione all'idea di infanzia, secondo me esiste corrispondenza tra il tuo collegamento e la storia nella misura in cui immaginiamo la mente del bambino come una scatola in cui entrano i ricordi e si bloccano lì. In realtà penso che la mente infantile sia più una spugna per cui tutto, ricordi ed esperienze, concorrono alla definizione della persona. Anche l’assassino alla fine non lo era veramente poiché il suo obiettivo non era uccidere ma proteggere, mettendo fine idealmente ai suoi ricordi dolorosi grazie all’esperienza del prendersi cura di un altro essere vivente (come cerca di fare, anche se in modo rozzo e sbagliato).

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  2. Credo ci sia un collegamento tra il concetto di scatole di Cornell e il racconto però focalizzando il concetto non su un piano materiale ma psicologico ed emotivo.
    La privazione di alcuni elementi fondamentali nella crescita infantile fa sì che non si crei una personalità e una coscienza, di fatto se non riempiamo queste scatole con le giuste emozioni, sensazione ed esperienze (sia positive che negative) ci troviamo davanti dei soggetti senza esperienze "di vissuto"come nel caso del personaggio del libro della Tuti, dove non si conosce il giusto e lo sbagliato ma si vive di istinti, in sintesi senza umanità.

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