SULLE SPONDE DEL FIUME PIEDRA MI SON SEDUTA E HO PIANTO (PAULO COELHO)
⭐⭐⭐⭐
Pilar è una giovane donna di Soria, sta facendo il possibile per costruirsi un futuro sicuro (carriera e famiglia). Trasferitasi a Saragozza, riceve un invito da parte di un suo ‘intimo’ amico d’infanzia che la invita ad assistere ad una conferenza che lui avrebbe tenuto a Madrid. Questo suo amico, negli anni, aveva trovato una vocazione divina e quando Pilar lo incontra, percorre insieme a lui un (breve) cammino in cui scoprirà aspetti fondamentali per la sua crescita personale, spirituale e anche familiare.
È il primo libro che leggo di P. Coelho e come lettura per quanto l’abbia trovata scorrevole (proprio come un fiume che scorre) è stata per me concettualmente impegnativa.
Ci sono stati aspetti che non mi hanno convinto perché non sono in sintonia con i miei pensieri ma altri invece, si. Ho cercato di mettere in discussione il mio giudizio, andando oltre l’apparenza e, rielaborando quanto letto anche dopo aver terminato il libro, L’IMPORTANZA DI ASCOLTARE IL BAMBINO CHE È IN NOI è stato un messaggio che non ho potuto ignorare.
“A volte siamo preda di una sensazione di tristezza che non riusciamo a controllare. […] La vita nasconde la propria magia e la propria arte. Dobbiamo ascoltare il bambino che eravamo un tempo e che ancora esiste in noi. […] Se non torneremo a guardare la vita con l’innocenza e l’entusiasmo dell’infanzia, non ci sarà più significato nel vivere. […]”
P. Coelho parla della vita come un arte ma per essere tale ci riporta indietro nel tempo, all’infanzia. Questo passaggio mi ha fatto venire in mente un artista, Joseph Cornell, vissuto nel XX secolo. Questo artista concepì delle opere d’arte dedicate all’infanzie davvero uniche. Sono conosciute come Prince/Princess Slot Machine.

Ad esempio, quella che vedete in foto e la Princess Slot Machine dedicata a Bia de Medici, figlia del Duca Cosimo I de Medici morta giovanissima. Come si nota dall’immagine, queste scatole assemblate, sono composte da una riproduzione in miniatura del soggetto e da alcuni elementi infantili (nel caso specifico una pallina rossa con lo stemma mediceo). Il tutto contenuto in questo box come fosse un gioco in scatola. Non è casuale la scelta di bambini vissuti in epoche dove forse avere un’infanzia dedita al gioco come noi la intendiamo non era possibile: anzi, J. Cornell, li decontestualizza apposta da quel tempo privo di giochi e li ricolloca in un epoca dove invece è possibile giocare ed essere bambini (recuperando l’infanzia perduta). Inoltre, è per questo che, J. Cornell intitola la sua opera Princess Machine nonostante Bia de Medici sia figlia di un Duca e non una principessa; eppure, le offre un grado superiore e questo indica quanto l’infanzia sia veramente un elemento imprescindibile per la formazione umana.
Un altro messaggio su cui ho avuto modo di riflettere è stata la relazione tra Pilar e il suo amico d’infanzia: una relazione che, li aveva uniti da bambini, da ragazzi diventando un sentimento più forte ma che poi li aveva allontanati perché ‘lui si lasciava crescere le ali e lei cercava di mettere radici’. Insomma, due opposti! Eppure, la vita li ha fatti incontrare di nuovo, con esperienze e (in)consapevolezze diverse ma con una certezza: “[…] I SOGNI RICHIEDONO FATICA.”
Quando guardo negli occhi la mia metà, e ripenso a tutto ciò che ci riguarda e ci coinvolge non posso far altro che essere d’accordo: ci vuole fatica per un sogno chiamato AMORE (FAMIGLIA). Affrontare insieme il cammino della vita è una scelta!
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