GLI OROLOGI NELLA STANZA DI MIA MADRE
(Tanja Stupar Trifunović)
Una Donna
scrittrice e il suo alter ego Ana, vivono un momento critico in cui tutto (vita
e lavoro) è irrealizzato e incompiuto. Tornare nella propria casa d’infanzia
riattiva degli ingranaggi passati, legati al rapporto tra lei e la sua famiglia
e in particolare con sua madre, per ‘disseppellire gli scheletri’ che le
attanagliano l’animo e riuscire così a sentirsi ‘in qualche strana maniera
felice’.
Leggere questo
romanzo non è stato né facile né difficile ma ha richiesto il TEMPO necessario
per essere sia metabolizzato che interiorizzato. Non è un caso che il titolo
sia proprio ‘Gli OROLOGI nella stanza di mia madre’ perché il denominatore
comune tra la protagonista, il suo alter ego, e la sua famiglia è proprio
questo ritmo costante scandito dall’inesauribile movimento delle lancette che
continuano a girare nel tempo e nello spazio nonostante l’incompiutezza e
l’incertezza di situazioni ed eventi.
Il tempo, per la
protagonista diventa così una questione sia
introspettiva che catartica: ad esempio, per la protagonista, l’essere
incompleta e incompiuta nel suo lavoro di scrittrice, non impedisce al tempo di
fermarsi ma al contrario, attiva un processo autocoscienziale che la riporta in
quel passato che necessariamente deve
toccare con mano ritornando proprio nella sua casa d’infanzia da cui ricordare
e ricostruire un puzzle che coinvolgerà sé stessa, il rapporto con sua madre e il resto del mondo.
Mi ha
particolarmente affascinato questa dimensione così intima del tempo che non è
fatta solo di ore, minuti e secondi. Anzi, nell’ etimologia della stessa, c’è
proprio il concetto di divisione, separazione: d’altronde, è proprio col tempo
e nel tempo che volente o nolente, di fronte alla realtà dei fatti ci
capacitiamo, accettiamo e se siamo mentalmente pronti ci allontaniamo. Oltre a
questo (scusate la mia deformazione professionale), ho pensato (e giocato) con
la parola TEMPORALE. Infatti, tra le lettere che compongono questo vocabolo c’è
proprio la parola tempo: proprio come questo fenomeno atmosferico che sa essere
improvviso e scombussolante, la vita è fatta di quel vento, di quei fulmini e
precipitazioni, che forse ci colgono inaspettati, ma alla fine la speranza si
concretizza con un cielo limpido e sereno.
Io credo che in questo romanzo, l’incedere
incessante del tempo, sia necessario al fine di permettere alla nostra
protagonista (e anche a noi lettori) un tentativo di ritrovamento di sé stessa.
Dalla tempesta interiore che la riporta a sviscerare quei rapporti complessi
con il mondo circostante, il tempo comincia ad assumere una propria ritmicità,
segue una sua musicalità e la protagonista inizia finalmente a capire la
necessità di dedicarsi del tempo per ricordare, per soffrire, per arrabbiarsi,
per capire e per uscire da questa dimensione onirica dove tutto sembrava buio e
statico ma in realtà era vivo, doveva solo essere elaborato. Tutti potremmo
essere lei, e vivere in questo bilico temporale dove non vorremo ricordare e
metabolizzare (forse perché in quei momenti ci sentiamo ingestibili e quasi non
ci capiamo) ma, per esperienza personale, so per certo che questo è il primo
passo verso una propria consapevolezza, compiutezza e una vita migliore.
Mettiamoci a nudo, usiamo la scrittura come mezzo di liberazione interiore e se
necessario chiediamo aiuto perché non è mai troppo tardi!
“[…] Sono appena uscita
dalla pancia del lupo. […] Ho aperto la porta di casa e ho detto: sono tornata.
[…]”
Autrice: Tanja Stupar Trifunović
Editore: Voland
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